
Se quarant’anni fa mi avessero detto che un giorno avrei visto le donne portare i pantaloni non ci avrei creduto.. non che io sia contro ai pantaloni, ma non è una cosa naturale. Se il Signore avesse voluto che la donna portasse i pantaloni le avrebbe dato i calli sulle mani e la barba per proteggersi dal sole.
Non si era mai arreso, mio padre diceva che non era nella sua indole arrendersi, che era testardo come a sua volta lo era suo padre. Un uomo di poche parole, probabilmente quelle essenziali per risparmiare tempo e fatica;
se non capisci adesso capirai quando sarà il momento giusto e se nemmeno allora capirai vuol dire che non era per te
diceva.
Mi ha raccontato molte volte di come si vivevano le giornate, interminabili giornate dedicate alla ricerca di espedienti che gli avrebbero permesso di arrivare al giorno dopo; molti figli erano molte bocche da sfamare ma erano anche molte schiene nei campi, molte mani in casa, erano il frutto della provvidenza per la quale bisognava ringraziare ogni notte a mani giunte davanti al letto.
Tutto insieme tutti insieme, questa era una delle regole che doveva essere rispettata; il bene ed il male erano considerati in modo paritario ed affrontati in egual misura:
se alla fine di una giornata ti accorgi che non hai niente di cui preoccuparti significa che hai tralasciato qualcosa… sicuramente domani scoprirai cosa.
Mio padre diceva che ripensando a quei giorni non sa se, potendo, sarebbe tornato indietro nel tempo, i ricordi più vivi erano quelli della fatica, della sofferenza, dello sconforto; un giorno dopo l’altro, uguale all’altro, un ciclo infinito di giorni e di notti trascorse a fare sempre le stesse cose.
Me lo avrà raccontato migliaia di volte, ma arrivato ad un certo punto del racconto si fermava sempre, abbassava la testa, sorrideva e ripeteva che nonostante tutto gli mancava il potersi lamentare di tanta felicità famigliare; tutto insieme tutti insieme era difficile ma nello stesso tempo bellissimo, era la miglior scuola del mondo. Quando ripensava a quella vita si commuoveva sempre… ripensava a lui bambino, a suo padre, sua madre e ai fratelli e sorelle, quattro fratelli e tre sorelle.
I figli maschi sono una benedizione perché si occupano della famiglia, provvedono al suo sostentamento e si assicurano di svolgere al meglio tutte le attività più pesanti facendosi carico di ogni problema ma tacendolo a chiunque; le figlie femmine sono un dono di Dio perché si occupano dei figli maschi.
La domenica era un giorno di festa, ci si preparava a dovere, lavati e pettinati, con i vestiti puliti, le scarpe senza fango e si usciva tutti insieme; le campane chiamavano alla messa ed il parroco invitava a gran voce al silenzio. Quello che a mio padre piaceva di più era il profumo che usciva dalla pasticceria che incrociavano tornando a casa, diceva che era talmente buono che gli sfrizzolavano le ghiandole salivari. Anche se non si fermavano mai andava bene lo stesso perché di domenica sua madre trovava comunque il modo di farli contenti con qualche piatto speciale.
Adoravo ascoltare i racconti di mio padre, era come se fossi stata li con lui, in quella casa, era come se avessi vissuto quei momenti, passato le notti leggendo a lume di candela, aspettato con ansia i giorni di festa per dimenticare quelli che di festa non avevano nulla; era come se vedessi, come in un film, ogni singolo giorno… a volte mi sembrava quasi di sentire il profumo della pasticceria.
Oggi non ho più niente di tutto questo, non abbiamo più niente; sono trascorsi davvero molti anni e quei racconti mi sembrano impossibili, improbabili. Stento a credere a tutto ciò che mi è stato raccontato, mi chiedo se è davvero possibile che si sia verificato… non è concepibile immaginare una vita trascorsa in quel modo. Abbiamo un’alimentazione controllata, seguiamo degli schemi comportamentali ben precisi, vita sociale solo quel tanto che basta per salvare le apparenze, università telematiche e titoli di studio in firma digitale. L’ecosistema ha ormai un equilibrio davvero precario e, non soddisfatti di aver prosciugato ogni risorsa del nostro, stiamo predisponendo la terraformazione di altri pianeti, della quale gioiranno i figli dei figli dei nostri figli. Accendiamo le luci dei nostri piccoli appartamenti con un comando vocale e ci salutiamo telepaticamente prima di rimetterci in carica per il giorno successivo.
Milioni di persone, non saprei dire se tutti umani, si affrettano, si affannano per le strade; milioni di esseri viventi e mi sento sola. Eppure dovrei essere un dono di Dio ma dovrei potermi occupare di qualcuno per esserlo davvero? Dovrei cercare delle risposte alle mie domande o dovrei fare domande per avere delle risposte? Forse dovrei ricordarmi chi era Dio in un mondo senza scienza, forse dovrei ricordarmi tante altre cose delle quali, oggi, non se ne parla più. Mio padre mi diceva che la vera felicità stava nelle piccole cose, non era necessario raggiungere risultati strabilianti per scoprire che i sorrisi sono gratis.
Mio padre dovrei ringraziarlo per molte cose, anche se tante di queste non le ho mai conosciute, ed immagino che a sua volta mio padre sia stato grato, nonostante tutto, di quello che ha ricevuto. Una volta mi ha detto che la cosa che più lo spaventava era che io potessi dimenticarmi di lui;
amore i ricordi sbiadiscono e la mente fatica a mantenere i colori, i sapori, i suoni
mi disse
ma vedrai che un modo lo troveremo
Quando ho bisogno di sentirmi bambina, quando voglio sentire il calore del camino che mi scalda i piedi, quando vorrei sentire gli schiamazzi e le risate che non mi fanno sentire sola, quando voglio immaginare di camminare con le mie scarpe pulite sui sentieri sterrati in una giornata di festa… quando voglio sentire il profumo di una pasticceria che mi sfrizzola le ghiandole prendo il regalo più bello che mio padre mi ha fatto, lo apro e leggo fino all’ultima pagina dove è arrivato a scrivere, quella con l’angolo.

Warheads Candy

